Egitto: il ministro degli Esteri incontra il suo omologo israeliano al Cairo

Pubblicato il 4 Giugno 2021 alle 10:46 Autore: Amro Shalaby

L’incontro

Lo scorso lunedì, il ministro degli Esteri israeliano, Gabi Ashkenazi, si è recato al Cairo incontrando il suo omologo del governo d’Egitto, Sameh Shoukry, per discutere la tregua permanente nella striscia di Gaza.

Così e per la prima volta dopo tredici anni, un rappresentante delle Istituzioni israeliane viene invitato dalla capitale egiziana.

A dieci giorni abbondanti dall’annuncio dell’autorità di Tel Aviv di aver acconsentito alla proposta egiziana di treguareciproca” e “senza precondizioni” con Hamas, partono i colloqui tra il governo di Netanyahu e quello di Al-Sisi in un momento di massima tensione diplomatica in materia anche dal lato europeo.

L’incontro era incentrato sull’impellente necessità di consolidare la sopracitata tregua e sui meccanismi di ricostruzione di Gaza.

Il ministro Shoukry ha sottolineato l’importanza di adottare maggiori misure volte a consolidare il cessate il fuoco fornendo le condizioni necessarie per creare un clima favorevole a rilanciare il percorso politico auspicato e avviare immediatamente negoziati seri e costruttivi tra le due parti, astenendosi da qualsiasi misura che ostacoli gli sforzi compiuti in questo senso” così riferisce, a seguito della riunione, il portavoce del ministero egiziano, l’ambasciatore Ahmed Hafez, aggiungendo che “i due ministri hanno anche discusso dei modi per facilitare l’urgente ricostruzione della Striscia di Gaza durante la fase successiva ”.

Ashkenazi, dal canto suo, ha affermato che Israele non permetterà che gli aiuti destinati alla ricostruzione di Gaza raggiungano Hamas. Inoltre, ha aggiunto che tale fascicolo rimarrà bloccato fino al rilascio dei soldati israeliani detenuti come prigionieri di guerra nell’enclave assediata.

 

Sull’altro fronte: rappresentante d’Egitto tra Gerusalemme, Ramallah e Gaza

In concomitanza dell’incontro dei due ministri nella capitale d’Egitto, il capo dell’intelligence egiziana, Kamal Abbas, era giunto a Gerusalemme incontrando il premier Netanyahu e, a Ramallah, il presidente palestinese Abu Mazen.

Questi, successivamente, si è recato a Gaza dove in un albergo, scampato ai raid degli ultimi giorni, era atteso da due dirigenti di Hamas, Yihia Sinwar e Halil al-Haya, e da altri rappresentanti di diverse fazioni politiche, tra di esse la jihad islamica e forze di liberazione di ispirazione marxista.

Al centro dei colloqui di Abbas, sono sempre i meccanismi di ricostruzione e l’urgenza di perpetuare la tregua.

Nelle ore precedenti alla visita, le strade di Gaza sono state decorate con bandiere egiziane e grandi ritratti del presidente Abdel Fattah Al-Sisi.

Precedenti sulla ricostruzione

Non è la prima volta che al centro delle discussioni diplomatiche, in Medio Oriente, prende il primato il tema della ricostruzione di Gaza. I precedenti, infatti, furono nel 2006, 2008, 2012 e 2014. Anni nei quali la città aveva subito altrettanti processi di “coventrizzazione” dopo i duri attacchi da parte dell’Esercito israeliano.

Questa volta, Abu Mazen insiste affinché a coordinare i lavori di restauro siano le Autorità nazionali palestinesi, ma Hamas non è d’accordo.

D’altronde non è strano che Israele ed Egitto si interessino alla ricostruzione: se non per motivi politici, per scopi economici.

Bisogna, infatti, ricordare che tale operazione si renderà pressoché impossibile senza l’intervento delle imprese egiziane e israeliane tramite i rispettivi valici, quello di Rafah, al confine con l’Egitto, e quello di Karem Shalom, al confine con Israele.

Dopo il cessate il fuoco del 20 maggio, il valico di Rafah è rimasto aperto per consentire “l’accesso a feriti, malati e aiuti umanitari”. Mossa che, senz’altro, ha contribuito nel far crescere le simpatie per le Autorità egiziane da parte della popolazione di Gaza.

 

Valico di Rafah