La guerra senza fine in Repubblica Centrafricana e la speranza della pace con le prossime elezioni

Pubblicato il 26 Dicembre 2020 alle 20:58 Autore: Domenico Schettino

La Repubblica Centrafricana si prepara ad affrontare una nuova tornata elettorale. Il 27 dicembre si vota per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale e per il nuovo presidente. Un momento decisivo per un paese dilaniato dalla violenza. I diversi accordi di pace degli ultimi anni, tra il governo e i gruppi armati, non hanno portato all’effetto sperato. Nonostante la presenza della comunità internazionale attraverso missioni di peacekeeping, la situazione nel paese resta critica e la speranza è riposta in queste elezioni per arrivare finalmente alla pace.

Il contesto

La Repubblica Centrafricana, ex colonia francese indipendente dal 1960, è un paese dell’Africa centro-settentrionale tra i più instabili dell’intero continente. I colpi di stato e gli scontri interni hanno segnato tutta la storia della Repubblica. Le religioni maggiormente diffuse sono l’islam, il cattolicesimo e l’animismo. È un paese in costante difficoltà dal punto di vista economico, nonostante una crescita del GDP pari al 3,8% nel 2018 e al 4,5% nel 2019; per quest’anno la stima è fissata al 4,8%. Il tasso di urbanizzazione è molto basso; la maggior parte della popolazione vive in zone rurali ed è impegnata maggiormente nelle coltivazioni di cereali, agrumi e banane. Un’economia legata fortemente all’agricoltura con un bassissimo sviluppo del settore industriale e manifatturiero. Diamanti, oro, ferro e uranio costituiscono delle risorse economiche importanti per il paese ma la mancanza di collegamenti stradali e il controllo delle miniere da parte di formazioni predatorie, rende il commercio legale molto difficile.

L’instabilità politica, le serie difficoltà della macchina amministrativa e la mancanza di investimenti nei collegamenti e nei servizi, restano i principali ostacoli allo sviluppo economico del paese.

Le precedenti elezioni

Dopo la crisi del 2013 e il fallimento degli accordi di pace con i gruppi armati, il presidente François Bozizé fu costretto a lasciare e ad essere sostituito da un governo ad interim guidato prima da Michel Djotodia e successivamente dalla sindaca di Bangui, Catherine Samba-Panza. Le successive elezioni generali si sono tenute nel dicembre del 2015. I principali sfidanti per le presidenziali sono stati Faustin-Archange Touadéra da indipendente e Anicet-Georges Dologuélé per l’URCA (Union pour le renouveau centrafricain). Le elezioni, originariamente previste per ottobre ma rinviate diverse volte, hanno consegnato il 23,74%% dei voti al candidato dell’URCA al primo turno. Touadéra si è piazzato secondo con il 19,05%.

Un risultato ribaltato al secondo turno con la vittoria di Touadéra con il 62,71%. Il candidato dell’URCA, Anicet-Georges Dologuélé ha ottenuto il 37,29%.

L’URCA ha ottenuto 13 seggi, così come l’UNDP (Union Nationale pour la Démocratie et le Progrès) guidato da Amine Michel. Il terzo partito rappresentato in parlamento è l’RDC (Rassemblement Démocratique Centrafricain) con 10 seggi mentre il Kwa Na Kwa dell’ex presidente Bozizé ne ha ottenuti 7.

Nonostante la denuncia di brogli elettorali e irregolarità, le modalità di svolgimento delle elezioni sono state considerate positivamente dall’Unione Africana.

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Una lunga storia di colpi di stato

  • 1972: il colonnello Jean Bédel Bokassa sospende la costituzione, scioglie il Parlamento e spodesta David Dacko, in carica dal 1959
  • 1979: la Francia pone fine al regime di Bokassa e riporta alla presidenza Dacko
  • 1981: il generale Andre Kolingba sale al potere con un colpo di stato
  • 1993: Ange-Félix Patassé vince le prime elezioni del paese
  • 1999: Patassé ottiene la riconferma nelle nuove elezioni
  • 2003: nuovo colpo di stato con protagonista il generale François Bozizé
  • 2013: il gruppo armato Seleka riesce a prendere il potere con un nuovo golpe e ordina la formazione di un nuovo governo guidato da Michel Djotodia. La violenza nel paese non si ferma: si formano nuove milizie armate che riescono ad ottenere il controllo di diverse province. Il governo in carica cade e viene formato un governo di transizione con a capo prima Alexandre-Ferdinand Nguendet e in seguito Catherine Samba-Panza
  • 2016: Faustin-Archange Touadéra vince le elezioni

La questione sicurezza

Nel 2018 gli scontri tra i gruppi armati sono ripresi. Il governo ha firmato un accordo di pace nel febbraio del 2019 con 14 gruppi armati. La difficoltà nell’implementare le operazioni di DDR (Disarmament, Demobilization and Reintegration) rende inutile qualunque accordo di pace. I diversi gruppi armati continuano ad essere attivi, mantengono il controllo delle miniere e della maggior parte delle province del paese.

Nonostante la missione ONU di peacekeeping “Minusca” (United nations multidimensional integrated stabilization mission in the central african republic), autorizzata dal Consiglio di Sicurezza nell’aprile del 2014, il governo non dispone del monopolio della forza. Le milizie armate si sono formate principalmente lungo linee religiose; il gruppo Seleka si ispira alla tradizione musulmana mentre gli anti-Balaka rappresentano una coalizione di combattenti cristiani. Il gruppo Retour, Réclamation et Réhabilitation, nella zona nord-occidentale del paese, continua ad ostacolare le operazioni di registrazione al voto. Diverse altre formazioni predatorie operano ormai in tutto il paese e nel corso degli anni sono state responsabili di crimini contro l’umanità e crimini di guerra.

La situazione umanitaria

La popolazione soffre le conseguenze maggiori di un conflitto che sembra interminabile. Solo nel 2019 i nuovi sfollati sono arrivati a 96 mila mentre nel 2020 a 80 mila. A questi numeri vanno aggiunte le 102 mila persone sfollate per via di disastri naturali nel solo 2019. Dall’inizio dell’ultimo conflitto il numero totale di sfollati interni o nei paesi limitrofi ha raggiunto il milione e mezzo di persone mentre le persone bisognose di assistenza umanitaria sono circa 2 milioni e mezzo. I bambini, in particolare, sono la categoria più colpita. Circa 1.5 milioni di bambini hanno bisogno di assistenza umanitaria e più di 40 mila bambini sono affetti da malnutrizione acuta. Inoltre, 7 bambini su 10 lasciano la scuola e solo 3 su 5 hanno concluso la scuola primaria (“Child Alert”, UNICEF 2019).  Il tasso di mortalità infantile sotto i 5 anni è pari a 130 su mille. È la fascia maggiormente a rischio della popolazione e preda del reclutamento da parte dei gruppi armati.

La debolezza del sistema giudiziario rende difficile perseguire i responsabili dei crimini commessi soprattutto nel 2002-2003 e durante lo scoppio del conflitto nel 2013. Per questo motivo Amnesty International ha lanciato un appello al futuro presidente della Repubblica attraverso un manifesto in cui si chiede di rendere priorità il rispetto dei diritti umani e il perseguimento dei responsabili dei crimini di guerra e contro l’umanità.

 

Il sistema elettorale

Per quanto riguardo le presidenziali, occorre ottenere la maggioranza assoluta al primo turno altrimenti si procede con un ballottaggio tra chi ha ottenuto più voti. Il presidente è eletto per un mandato di 5 anni.

I deputati dell’Assemblea Nazionale sono eletti con un mandato di 5 anni con un sistema a due tornate. Gli attuali componenti dell’Assemblea sono 105.

La Corte costituzionale è l’organo deputato al controllo della regolarità delle elezioni e dei referendum. È la stessa Corte ad assegnare la vittoria dopo una tornata elettorale mentre il ruolo della CEI (Commission Electorale Indépendante) è quello di preparare, organizzare e controllare lo svolgimento delle elezioni e dei referendum.

I candidati in corsa

All’inizio di dicembre la Corte costituzionale ha reso noto di aver accettato 17 candidature per le elezioni presidenziali escludendo Bozizé. L’ex presidente è accusato e sanzionato dall’ONU per il coinvolgimento e il supporto alla milizia anti-Balaka nel 2013; inoltre, è accusato di diversi omicidi, del reato di tortura e ha un mandato di ricerca internazionale per omicidio, arresto, rapimento, detenzione arbitraria e tortura.

I principali candidati sono il presidente in carica, Faustin-Archange Touadéra da indipendente, Anicet-Georges Dologuélé dell’URCA e Martin Ziguélé dell’MPLC (Mouvement pour la Libération du Peuple Centrafricain).

Faustin-Archange Touadéra è l’attuale presidente della Repubblica Centrafricana. È stato nominato Primo Ministro dal Presidente François Bozizé nel gennaio del 2008 e in carica fino al 2013. Vanta una forte amicizia con Vladimir Putin ed è membro dell’organizzazione paramilitare russa Wagner Group.

 

Anicet-Georges Dologuélé, ex presidente della Banca degli Stati dell’Africa Centrale e Primo Ministro dal 1999 al 2001, è il candidato dell’URCA di cui è anche il fondatore. L’URCA si ispira alla social-democrazia con un orientamento di centro-destra e attualmente occupa 13 seggi nell’Assemblea Nazionale. Il partito fa parte della coalizione di opposizione COD-2020 che, tra gli altri, include i sostenitori dell’ex presidente François Bozizé.

 

Martin Ziguélé, Primo Ministro dal 2001 al 2003, è l’esponente principale dell’MLPC. Il partito è stato fondato nel 1979 dall’ex Primo Ministro Ange-Félix Patassé. Si ispira alla social-democrazia con un orientamento di sinistra. Nelle elezioni del 2016 ha ottenuto 9 seggi nell’Assemblea Nazionale.

 

Da quando ha ottenuto l’indipendenza dalla Francia nel 1960, la Repubblica Centrafricana ha sperimentato instabilità cronica e violenti conflitti interni. L’ennesima crisi è scoppiata nel 2013, quando il gruppo armato Seleka ha occupato la capitale reclamando e ottenendo un nuovo governo, rimasto alla guida del paese fino alle elezioni del 2016. Nonostante i numerosi accordi di pace firmati con i gruppi armati, è l’instabilità a caratterizzare la Repubblica. La situazione umanitaria è disastrosa, il numero di sfollati interni o nei paesi limitrofi ha raggiunto livelli record dall’inizio dell’ultimo conflitto. L’attenzione della comunità internazionale è puntata sul paese.

 

L'autore: Domenico Schettino