Lega Araba: “Israele sfrutta l’emergenza COVID per espandersi in Cisgiordania”

Pubblicato il 14 Aprile 2020 alle 16:59 Autore: Tommaso Rossotti

Secondo la Lega Araba, organizzazione internazionale che riunisce 22 Paesi africani e mediorientali, Israele starebbe sfruttando l’emergenza mondiale causata dal coronavirus per espandere il proprio controllo sulle colonie in Cisgiordania. In un comunicato stampa, la Lega Araba ha denunciato Tel Aviv per episodi di violenza e incarcerazione coatta nei confronti dei palestinesi, nonché per annettere nuove colonie a Gerusalemme Est, in un momento in cui l’attenzione dei leader globali è rivolta verso la pandemia di COVID-19.

 

Che cos’è la Lega Araba

La Lega Araba è un’organizzazione internazionale con sede al Cairo, in Egitto, che riunisce gli Stati arabi del Nord Africa e del Medio Oriente. Fondata nel 1945, conta oggi 22 membri (Algeria, Arabia Saudita, Bahrein, Comore, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Gibuti, Giordania, Iraq, Kuwait, Libano, Libia, Mauritania, Marocco, Oman, Palestina, Qatar, Siria, Somalia, Sudan, Tunisia, Yemen) e 5 osservatori. Sin dalla sua creazione, la Lega Araba è stata avversa prima alla creazione di uno Stato ebraico e poi alla sua espansione nella regione. Dei 22 Stati membri, solo l’Egitto ha relazioni diplomatiche con Israele.

 

Cosa sono le colonie israeliane in Cisgiordania

Con “colonie” o “insediamenti” israeliani si intendono comunità abitate da cittadini di Israele che si trovano nei territori palestinesi ad est della cosiddetta Linea Verde. La regione della Cisgiordania fu occupata da Israele durante la guerra dei Sei Giorni, e da quel momento gli insediamenti furono creati. Gli insediamenti non si trovano solo in Cisgiordania, ma anche a Gerusalemme Est, nelle Alture del Golan (al confine con la Siria) e nel passato ce ne furono nel Sinai (occupato da Israele fino al 1979) e nella Striscia di Gaza. Mentre Gerusalemme Est e le Alture del Golan sono de facto sotto il controllo di Israele (e quindi i coloni di queste aree sono trattati pienamente da cittadini israeliani), la regione della Cisgiordania ha un regime speciale: è divisa in tre zone, di cui una sotto il controllo palestinese, una sotto il controllo israeliano e una zona di controllo condiviso. Le colonie vengono considerate nella zona di controllo israeliano, ma teoricamente sono regolamentate da un regime legale militare, e non legislativo, creando una disparità tra i coloni di Gerusalemme Est e del Golan e quelli della Cisgiordania. Di fatto, però, Israele tratta i propri cittadini nelle colonie come se fossero abitanti delle altre regioni del Paese (mentre i palestinesi possono fare ricorso solo alle corti militari).

 

Qual è la politica del governo israeliano?

Negli ultimi anni, il governo di Israele ha tenuto una politica ambivalente verso le colonie in Cisgiordania. Alcuni governi hanno promosso attivamente lo sgombero degli insediamenti, che sono considerati uno dei nodi da sciogliere per una pace credibile nella regione; altri governi hanno invece promosso attivamente l’espansione in Cisgiordania. In particolare, il durante l’ultima campagna elettorale, Benjamin Netanyahu ha promesso di annettere pienamente le colonie in Cisgiordania, e a febbraio ha annunciato la creazione di 3.500 nuovi insediamenti a Gerusalemme Est.

 

Gli insediamenti sono legali?

Lo stato giuridico delle colonie è complicato. Diverse ONG e organizzazioni internazionali hanno criticato la pratica degli insediamenti. Secondo la Corte Internazionale di Giustizia questi violano il diritto internazionale, ed in particolare all’art. 49(6) della Convenzione di Ginevra per la protezione delle persone civili in tempo di guerra, che vieta i trasferimenti forzati di persone. La Corte Penale Internazionale (di cui Israele non ha ratificato lo statuto) considera le colonie come crimine di guerra, mentre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha più volte condannato gli insediamenti israeliani. Il governo israeliano tuttavia rivendica la legalità delle colonie: non si tratterebbe, a detta di Israele, di trasferimenti forzati di persone (poiché sono volontari), e inoltre la Convenzione di Ginevra non sarebbe applicabile poiché la Cisgiordania non si troverebbe sotto la sovranità di nessun Stato. Inoltre, secondo diversi giuristi (e il Ministero degli Affari Esteri israeliano) la pratica degli insediamenti sarebbe giustificabile come forma di “legittima difesa”.

 

Com’è la situazione oggi?

Nella mappa qui sotto sono rappresentati gli insediamenti israeliani nel 2016. Secondo l’ONG israeliana B’Tselem, le colonie ebraiche occuperebbero solo l’1% della Cisgiordania, ma estenderebbero la loro giurisdizione sul 42% della regione. Secondo l’amministrazione israeliana in Cisgiordania, invece, la giurisdizione non coprirebbe 9% dell’intera regione.  Inoltre, le zone controllate da Israele sono spesso le più fertili. Diverse ONG hanno denunciato il rischio di un regime di segregazione in Cisgiordania: dal 2018, infatti, il Parlamento israeliano ha approvato una legge (“Enclave law”) che stabilisce che il diritto civile nazionale si applica anche ai cittadini israeliani nelle colonie, invece che quello militare (applicabile in quanto territorio occupato, e che continua a valere per i Palestinesi). Inoltre, i frequenti posti di blocco militari intorno agli insediamenti limitano la libertà di movimento degli arabi.