Michigan: ricomincia la corsa

Pubblicato il 8 Marzo 2020 alle 17:00 Autore: Alessandro De Vita

Archiviato il Super Tuesday, la corsa per le primarie democratiche non si ferma e ricomincia con solo due candidati. Joe Biden, dopo il grande risultato ottenuto il 3 marzo, dovrà consolidare il vantaggio ottenuto nei confronti del suo principale (e ormai unico) avversario, ovvero quel Bernie Sanders che, nonostante la vittoria nello Stato chiave della California, ha perso il titolo di frontrunner delle primarie democratiche.

Dei vari Stati che andranno al voto il prossimo 10 marzo, il Michigan risulta il più importante in termini di delegati, che sono ben 125. Il sistema con cui verranno eletti è quello delle primarie chiuse, in cui solo chi è iscritto al partito potrà andare a votare.

Demografia ed economia 

Con i suoi quasi 10 milioni di abitanti, il Michigan è il decimo Stato in termini di popolazione. I bianchi sono il 78%, gli afroamericani sono il 14,5 %, mentre gli ispanici compongono il 4,5%.

L’educazione, in modo particolare quella universitaria, risulta centrale all’interno del Michigan. Nel 1817 venne fondata l’University of Michigan ed è la prima università fondata da uno Stato all’interno degli Stati Uniti. Venne chiamata originariamente Catholepistemian ed era ubicata a Detroit. Il nome venne cambiato nel 1821 e infine spostata a Ann Arbor nel 1841.

Grazie alle ingenti risorse che ricevono annualmente le due principali università (Michigan State University e University of Michigan),le attività di ricerca compiute da questi due istituti sono tra le più all’avanguardia di tutti gli Stati Uniti, portando enormi benefici alle aziende limitrofe, che si occupano principalmente di automazione, biotecnologie e tecnologie dell’informazione.

13° Stato più ricco dell’Unione. Il Michigan fa del settore automobilistico il suo fiore all’occhiello. I giganti americani dell’automobile (i cosiddetti Big Three: Ford, Chrysler e General Motors)  hanno tutti la propria sede principale nello Stato. La città di Detroit, uscita dal regime dell’amministrazione controllata a fine 2014, ha ottenuto un’importante crescita economica, facendo alzare il Pil dello Stato in maniera significativa e costante per tutti gli anni successivi. Dal 2014, il Reddito pro capite è cresciuto del 3.5% e la disoccupazione è scesa di oltre il 15%.

Un (ex) Stato blu

Dopo più di 20 anni, il Michigan alle elezioni presidenziali del 2016 va in controtendenza rispetto alla sua storia recente. L’esito nello Stato è andato a favore di Donald Trump, che ha vinto, seppur con un margine risicato, contro Hillary Clinton.  

Neanche le primarie democratiche del 2016 sono state positive per Hillary, la quale ha perso contro il suo avversario Bernie Sanders in quasi tutte le contee. 

A 4 anni di distanza si capirà se il Michigan sorriderà nuovamente al Gran Old Party, oppure se la scelta di un nuovo candidato permetterà ai democratici di riprendersi lo Stato.

Un altro Texas?

Nonostante la situazione fino ad una settimana fa fosse incredibilmente diversa, la tornata elettorale del 10 marzo potrebbe risultare l’ultima occasione per Bernie Sanders di tenere testa a Joe Biden e diventare il candidato Presidente del Partito Democratico. 

Proprio questi continui cambiamenti, ultimo il ritiro della Senatrice Warren, hanno reso le previsioni riguardo l’esito di queste primarie in Michigan ancora più incerte. 

Secondo FiveThirtyEight, che aveva svolto un sondaggio prima del Super Tuesday, Bernie Sanders aveva un margine rassicurante nei confronti del suo principale avversario. Il senatore del Vermont aveva il 30% dei consensi, con 10 punti percentuali di vantaggio nei confronti di Joe Biden. 

Tuttavia, la situazione è notevolmente cambiata. Da quel 3 marzo si sono verificati continui stravolgimenti, quasi tutti a favore dell’ex Vicepresidente.

Dopo la vittoria in South Carolina, il vento è cambiato e Joe Biden ha ottenuto una serie di successi decisivi durante il Super Tuesday, che l’hanno portato in vantaggio, sia riguardo al numero di delegati (627 a 551), sia riguardo ai sondaggi, che ormai lo vedono come favorito.

Bloomberg, Buttigieg e Klobuchar hanno concluso il loro viaggio verso la nomination e hanno tutti dato il proprio endorsement a favore di Biden. Insieme a loro, il 5 marzo, si è unita la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer.

Un sondaggio compiuto il 7 marzo, sempre da parte di FiveThirtyEight, vede Biden in vantaggio 37.8% a 30%. Questa è una chiara dimostrazione di come sono cambiati gli equilibri in pochi giorni. Tuttavia, anche in questo caso, ci sono numerose variabili che possono influenzare l’esito delle votazioni. In primis, bisogna vedere come si distribuiranno effettivamente i voti di Bloomberg (che ha dichiarato il suo sostegno a Biden) e di Warren (che ha deciso di prendersi una pausa di riflessione e non appoggiare nessuno dei due candidati, ma il suo elettorato è più vicino a quello del Senatore del Vermont). Non va tralasciato nemmeno come varierà la partecipazione al voto, da parte dell’elettorato democratico, dopo il ritiro di questi candidati.

Inoltre, è da tenere in considerazione sia il consenso attuale di Sanders in Michigan, sia il suo risultato alle primarie del 2016, quando vinse con poco meno del 50% (anche in quel caso vi era una corsa a due)

Insomma, la situazione resta più imprevedibile che mai. 

L’ondata di sostegni che il 77enne originario della Pennsylvania ha ricevuto, porteranno ad un nuovo recupero? Proprio come accaduto in Texas? Oppure Bernie Sanders riuscirà a resistere e a vincere nello Stato, rilanciando la sua candidatura in vista della vittoria finale? 

L'autore: Alessandro De Vita