Ricostruzione. Potremmo così definire lo spirito che riflette oggi l’atmosfera politica interna in Palestina.
Risale a qualche settimana fa l’accordo di riconciliazione tra Hamas e Fatah, il quale promette la convocazione delle elezioni parlamentari, presidenziali e per il Consiglio Nazionale entro sei mesi.
Dopo circa quindici anni di scontri, le due fazioni palestinesi sono riuscite a ristabilire un dialogo politico che si pone come obiettivo nuove elezioni secondo un meccanismo di rappresentanza proporzionale. Anche gli altri partiti e movimenti islamici hanno accolto favorevolmente questa proposta, a tal punto che alcuni di questi si sono dichiarati pronti a partecipare alle elezioni.
Il Movimento per il Jihad Islamico, attraverso l’annuncio di uno dei capi politici, Mohammed al-Hindi, ha palesato infatti la propria intenzione di voler correre alle elezioni per il Consiglio Nazionale Palestinese, l’organo legislativo dell’OLP.
La necessità di una forte unità nazionale in chiave anti-israeliana è considerata di vitale importanza per gli organi del Movimento Islamico. Lo stesso leader del Movimento Nafiz Azzam, in un’intervista ad Al-Jazeera, ha dichiarato che l’accordo tra Hamas e Fatah è un passaggio fondamentale per il futuro del paese. Questo sopratutto alla luce delle nuove manovre che Israele sta adottando con gli altri paesi della regione araba, cercando di normalizzare i rapporti diplomatici per isolare la causa palestinese anche a livello internazionale.
Il gruppo radicale, fondato negli anni settanta nella Striscia di Gaza, si pone come obiettivo strategico l’annientamento della occupazione israeliana e la creazione di uno stato islamico palestinese. Rinnega inoltre gli accordi di Pace di Oslo siglati tra Israele e l’OLP.
Appassionato di cooperazione internazionale e sviluppo, ho collaborato con alcune ONG italiane in Italia e in Medio Oriente. Convinto federalista europeo, seguo da vicine le tematiche comunitarie.