Referendum costituzionale: le ragioni del SI e del NO

Pubblicato il 14 Settembre 2020 alle 11:58 Autore: Livio Scarlata

Il 20 e 21 Settembre gli italiani saranno chiamati al voto per il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. Non sarà necessario il raggiungimento del quorum, ma basterà ottenere la percentuale maggiore affinché ne sia deciso l’esito. Nel caso in cui vincesse il SI i parlamentari della Camera si ridurrebbero dagli attuali 630 a 400 e in Senato da 315 a 200. Nel caso in cui vincesse il NO tutto rimarrebbe invariato. Nonostante inizialmente partita sottotraccia, la discussione sul referendum sembra prendere quota con seppur tradiva risonanza mediatica. Tutti sembrano avere un’idea a riguardo; molti esprimono pubblicamente la loro preferenza, non solo politici, giuristi e costituzionalisti, ma anche la società civile.

Cosa alimenta le rispettive posizioni?

 

Le ragioni del SI

Tre sono le ragioni maggiormente sostenute dai sostenitori del SI, vi è anzitutto quella legata al risparmio che ne deriverebbe dal taglio dei 345 parlamentari. Tale risparmio è stato quantificato in 80 milioni l’anno, sebbene l’Osservatorio sui conti pubblici abbia fatto notare che in realtà il risparmio netto sarebbe di circa 64 milioni. A sostegno di tale motivazione è intervenuto  il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio: «Oggi spendiamo 300mila euro al giorno in più degli altri Stati Europei per mantenere 345 parlamentari che non ci servono, 345 parlamentari che gli altri Paesi non hanno». In secondo luogo, per i sostenitori del SI, la diminuzione dei parlamentari darebbe vita ad una composizione più snella nonché una maggiore efficienza delle Camere cosi come sostenuto dal leader della Lega Matteo Salvini:«Abbiamo votato per quattro volte per il taglio dei parlamentari e non cambiamo idea adesso. Era e rimane un’iniziativa finalizzata a rendere più snello ed efficace il lavoro delle Camere». In ultima istanza, a braccetto con l’idea di una maggiore efficienza, vi è la ragione per cui nel post referendum con la vittoria del SI, e quindi in virtù del cambiamento, possa iniziare una stagione riformista. A sostegno di tale ragione è il segretario del PD Nicola Zingaretti, che all’uscita della direzione PD dove si è deciso per il SI ha dichiarato: «Ho proposto un si per cambiare, finalmente per fare le riforme».

Le ragioni del NO

Sul fronte opposto, il punto a sfavore dell’iniziativa referendaria è il taglio lineare dei parlamentari, senza che siano state disposte le misure che ne conseguirebbero: cosa ne è della rappresentanza territoriale? Come sarà organizzato il lavoro delle commissioni? Sembrano domande senza alcuna risposta. Difatti il leader di Azione, Carlo Calenda, sostiene che il Parlamento «risulterà molto meno efficiente in termini di rappresentanza, in particolare al Senato, ma anche in termini di funzionalità delle commissioni». In contrasto alla paventata maggiore efficienza derivante dal taglio, vi è la ragione per cui il problema non sia di tipo numerico ma riconducibile al bicameralismo perfetto presente in Italia. Ovvero le identiche funzioni esercitate da Camera e Senato, che rimarrebbero tali anche con l’eventuale taglio. A corroborare questa tesi vi è la dichiarazione del primo esponente di Italia Viva Matteo Renzi: «non è uno svolta, è uno spot: taglia i parlamentari, ma lascia i problemi del bicameralismo perfetto». In ultimo, il proiettato risparmio che ha alimentato le ragioni del si, a parere dei contrari non scaglia, in una analisi di costi benefici, una  lancia a favore del taglio.

Costituzionalisti divisi tra il SI e il NO

Come detto inizialmente, oltre al dibattito tra le forze politiche, la proposta di modifica costituzionale non poteva che non coinvolgere coloro i quali se ne occupano a livello sostanziale: i costituzionalisti. Non sono mancate le sorprese. Difatti, alcuni nomi di spicco schieratisi contrari in occasione del referendum del 2016, oggi si sono espressi a favore del taglio dei parlamentari, o comunque lasciano presagire questa scelta di campo. Si tratta di De Siervo, Onida, Zagrebelsky e Carlassare. Quest’ultima si è dichiaratamente schierata per il Si: «Ritengo che ci possa essere maggiore efficienza, spero in una selezione più accurata delle candidature». D’altro canto, alcuni sostenitori del precedente referendum  hanno espresso un parere contrario. Tra loro, Maria Elisa D’Amico: «Colleghi scatenati per il No nel 2016 minimizzano una serie di ricadute che invece ci sono e non si accorgono che la riforma è il primo atto di una demolizione della democrazia rappresentativa». Quest’ultima, insieme a 182 costituzionalisti sono i firmatari di un appello in cui dicono No al taglio dei parlamentari: «Non può trascurarsi lo squilibrio che si verrebbe a determinare qualora, entrata in vigore la modifica costituzionale, non si avesse anche una modifica della disciplina elettorale».