Social-democratici all’orientale: la sinistra in Europa dell’Est

Pubblicato il 29 Dicembre 2020 alle 11:57 Autore: Tommaso Rossotti

Trent’anni dopo la caduta del muro di Berlino, lo scenario politico al di là di quella che era la cortina di ferro è sempre più sbilanciato a destra. Con poche eccezioni, i partiti socialisti e social-democratici nati in Europa orientale dopo la fine del comunismo sono oggi marginalizzati. Da Varsavia a Budapest, da Praga a Vilnius, la sinistra in questa parte d’Europa sembra essere scomparsa. Perché? Cosa è successo dalla caduta dei regimi socialisti ad oggi?

La nascita dei partiti social-democratici

La formazione dei partiti di sinistra in Europa orientale ha conosciuto dinamiche profondamente diverse da quelle conosciute ad occidente. Se è vero che dei partiti socialisti furono fondati in questi paesi prima dell’avvento del comunismo, bisogna ammettere che questi non ebbero la stessa rilevanza delle loro controparti a Parigi o Berlino. Nella maggior parte dei casi, infatti, il successo e la popolarità dei partiti di sinistra nel primo Novecento fu legata all’industrializzazione delle economie europee. Con la notevole eccezione della Repubblica Ceca, l’Europa orientale non visse un processo di trasformazione economica comparabile a quello occidentale; per questo, i partiti socialisti qui furono spesso “importati” dal pensiero politico occidentale, e non ebbero una base politica reale nella popolazione.

La caduta dei regimi comunisti

Questa debolezza riemerse con la caduta dei regimi comunisti. Dal 1989, lo scenario politico dell’Europa centrale e orientale ha conosciuto una trasformazione profondissima e particolare. Se il comunismo era considerato un regime “di sinistra”, allora la maggior parte dell’opposizione anti-comunista si identificò come “di destra”. Lo spazio politico a sinistra si trovò quindi con un vuoto che cercò di essere occupato da due attori. Da una parte, i vecchi partiti di sinistra pre-comunisti cercarono di rivendicare il proprio ruolo alternativo, ma a sinistra, rispetto al regime comunista. Dall’altra parte, gli ex-partiti comunisti di governo si trasformarono, almeno apparentemente, in “social-democratici”: questo benché ideologicamente avessero ben poco di social-democratico.

 

Le prime tornate elettorali non sorrisero ai vecchi partiti di sinistra: con una storia debole e senza strutture adatte, nella maggior parte dei casi furono travolti alle elezioni. Gli ex-partiti comunisti, invece, grazie alla propria forza istituzionale riuscirono non solo a sopravvivere, ma a diventare velocemente la principale forza politica di sinistra.

Le posizioni politiche dei partiti di sinistra

Rispetto alla socialdemocrazia occidentale, quella dell’Europa orientale conosce molte peculiarità. Abbiamo già sottolineato come, di fatto, questi partiti siano spesso gli eredi di politici poco vicini ai corrispettivi ad Occidente. Gli ex-partiti comunisti erano molto conservatori in termini sociali. Inoltre, l’Europa centrale e orientale non conobbe i movimenti di protesta che animarono le democrazie occidentali, come quelli del ’68, i primi movimenti ambientalisti o quelli femministi. Per questo, tematiche che sono diventate centrali nell’ideologia e nel posizionamento politico dei partiti socialisti ad occidente non fanno parte dei manifesti a oriente.

 

Anche economicamente le differenze tra occidente e oriente sono profonde. Con la caduta dei regimi comunisti, i paesi dell’Europa orientale videro salire al potere coalizioni ampie e variegate, unite solo dallo spirito “anti-comunista”. Queste coalizioni non avevano un vero e proprio piano economico, se non quello di creare economie di mercato. Come ha sottolineato Piotr Zuk, questo avvenne secondo le tendenze economiche del periodo: quelle neo-liberali. Il neo-liberalismo in Europa orientale si impiantò senza però gli anni di welfare state e rivendicazioni economiche conosciute ad occidente. Questo portò ad anni di grandi privatizzazioni, di indebolimento sindacale e di liberalizzazione del mercato del lavoro. In questo contesto, i partiti socialisti dell’Europa orientale non potevano predicare un “ritorno al comunismo”: finirono quindi per accettare il nuovo sistema economico, e ne diventarono anzi protettori una volta al governo.

 

L’ascesa e il declino

Le fragili coalizioni anti-comuniste crollarono velocemente nella maggior parte dei paesi. Di conseguenza, i partiti socialisti ritornarono al governo durante gli anni ’90 e 2000. Privi di limitazioni ideologiche, con più esperienza politica alle spalle, con un ciclo economico internazionale favorevole e con il supporto occidentale, le economie dell’Europa orientale furono sempre più liberalizzate, e crebbero sempre più velocemente. Questa crescita migliorò certamente la vita dell’intera popolazione di questi paesi, ma fece anche scoppiare le disuguaglianze.

 

Tutte le debolezze dei sistemi economici dei paesi dell’ex-blocco emersero chiaramente con la crisi del 2008: l’assenza di reti di sicurezza sociale adeguate, la crescita insostenibile del ventennio precedente, le enormi disuguaglianze esposero i limiti del modello neo-liberale. Le principali vittime di questo furono proprio i partiti di sinistra, che avevano dominato la scena politica negli anni precedenti e che si trovavano al governo in molti paesi. Il successo di questi partiti, inoltre, aveva portato anche a diffusi episodi di corruzione, erodendone ulteriormente la fiducia.

 

Quali speranze per il futuro?

Oggi, le condizioni dei partiti di sinistra nell’Europa orientale e centrale rimangono critiche. Il grafico qui sotto riassume la performance nei sondaggi e nelle elezioni dei partiti di sinistra nei quattro paesi del gruppo di Visegrad. Per chiarezza, con partiti “di sinistra” si intendono quelli membri o associati ai Socialisti e Democratici europei (S&D).

Analizziamo la situazione dei partiti social-democratici nei vari Paesi:

Polonia

Il declino del principale partito social-democratico (l’Alleanza della Sinistra Democratica – SLD) è cominciato in anticipo rispetto al resto della regione. A Varsavia infatti, dal 2005 in poi, si è delineato un bipolarismo tra il partito liberal-conservatore PO (Platforma Obywatelska, Piattaforma Civica) e il partito nazional-conservatore PiS (Prawo i Sprawiedliwość, Diritto e Giustizia). Di fatto, i partiti di sinistra hanno perso influenza, e alle elezioni del 2015 non hanno eletto nessun deputato. Oggi la coalizione di sinistra conta quattro partiti: SLD, Wiosna (Primavera), Razem (Insieme) e il piccolo Partito Socialista Polacco. Alle ultime elezioni, è riuscita a conquistare 49 dei 460 seggi del Sejm, il Parlamento polacco. Tuttavia, alle presidenziali di quest’anno i social-democratici hanno ricevuto solo il 2% dei voti.

 

Ungheria

Il Partito Socialista Magiaro (MSZP) è stata la principale forza di governo dal 2002 al 2010. Alle elezioni di quell’anno, il MSZP perse oltre il 23% dei voti, in seguito uno scandalo che travolse l’allora primo ministro Gyurcsany. Da allora, il partito conservatore Fidesz, guidato da Viktor Orban, ha egemonizzato la scena politica. Oggi oltre a MSZP esiste un altro partito social-liberale (DK, Coalizione Democratica) e un piccolo partito verde (LMP). Questi hanno recentemente dichiarato l’intenzione di costituire una coalizione anti-Orban insieme al partito liberale Momentum e al partito conservatore Jobbik in vista delle elezioni del 2022.

 

Repubblica Ceca

Il Partito Socialdemocratico (ČSSD) ha avuto un ruolo importante in un sistema pressoché bipolare fino al 2017, guidando numerosi governi dopo la caduta del regime comunista nel 1991. Tuttavia, la crisi del governo Sobotka nel 2017 ha fatto sì che il partito perdesse la fiducia degli elettori. Oggi è al governo, ma alle elezioni europee del 2019 non ha eletto nessun eurodeputato.

Slovacchia

Il partito Smer ha visto una curva diversa da quella degli altri partiti, governando dal 2012 fino al 2020. Questo si spiega anche alla luce dell’ideologia di questo partito, spiccatamente conservatrice su temi sociali e anti-immigrazione. Tuttavia, il partito ha vissuto una crisi in seguito alla caduta del governo Fico, e ha perso le ultime elezioni. Oggi Smer sembra essere sempre più in crisi, mentre un nuovo partito socialdemocratico e progressista (Hlas – Voce, guidato dall’ex primo ministro Pellegrini) sembra guadagnare consensi.

I social-democratici oggi

I partiti social-democratici oggi in Europa orientale e centrale sembrano quindi in crisi in modo più acuto che rispetto al resto del continente. Il successo nei sondaggi di Hlas però, così come altri casi nella regione (il risultato inatteso della coalizione di sinistra in Polonia alle elezioni europee del 2019, la crescita nei sondaggi dei socialdemocratici in Slovenia, ecc.) dimostrano che uno spazio a sinistra c’è anche qui. Spesso questi partiti hanno adottato posizioni che ideologicamente sono lontane dai valori socialdemocratici, soprattutto in campo economico. Un posizionamento più a sinistra su questi temi potrebbe forse essere la chiave di volta per uscire dalla crisi elettorale?