Spagna, tensioni nel governo Sanchez dopo apertura a Ciudadanos

Pubblicato il 2 Settembre 2020 alle 13:00 Autore: Dario Trimarchi

Emergono tensioni all’interno del governo Spagnolo guidato dal socialista Pedro Sanchez in vista dell’approvazione dei Presupuestos Generales del Estado (ovvero, la legge di bilancio).

Lo scontro è avvenuto fra i due partner di maggioranza: il Partito Socialista di Sanchez (PSOE), e Unidas Podemos, movimento di sinistra populista. L’origine della discordia è stato il tentativo di apertura da parte del PSOE verso il partito liberale e unionista Ciudadanos per la stesura e l’approvazione della legge di bilancio.

In una fase iniziale i rappresentanti di Unidas Podemos hanno lanciato un ultimatum a Sanchez, affermando che possibili alleanze e forme di collaborazione fra il movimento di sinistra e Ciudadanos sarebbero impensabili, e che un eventuale legge di bilancio scritta insieme al partito liberale non verrebbe votata dal movimento. I due partiti infatti portano avanti posizioni molto differenti, specialmente sull’economia. In particolare, lo scontro si avrebbe sulla questione delle tasse: Unidas Podemos chiede un aumento della tassazione per i ceti più benestanti, mentre Ciudadanos è generalmente ostile ad innalzamenti della pressione fiscale.

Pedro Sanchez (a sinistra), leader del PSOE e capo del governo, discute con Pablo Iglesias, leader di Unidas Podemos

Le ragioni per cui Sanchez ha deciso di aprire alla collaborazione sono prevalentemente due: da un lato, vi è il tentativo di creare un clima di collaborazione con tutte le forze politiche vista la situazione di crisi, e dall’altro vi è la preoccupazione per la maggioranza risicata che appoggia il suo governo. In particolare, il partito di sinistra e indipendentista Catalano Esquerra Republicana de Catalunya (ERC), che ha generalmente mantenuto un dialogo e una forma di collaborazione col governo del Paese (pur non avendo ministeri), ha ora cominciato a irrigidirsi nelle sue posizioni, probabilmente in vista delle elezioni in Catalogna. Da qui la preoccupazione di Sanchez e il suo tentativo di cercare un appoggio al di fuori della maggioranza.

In risposta l’ERC ha dichiarato, per bocca della segretaria generale Marta Vialta: “Se quello che vogliono è andare dalla parte di Ciudadanos, o addirittura del PP, che lo facciano, purché non ci usino come scusa.” Nonostante ciò, ha dichiarato anche che manca il clima di collaborazione necessario per portare avanti un progetto comune, soprattutto a causa dalla crisi Catalana.

La leader di Ciudadanos, Inés Arrimadas, si è detta disposta a collaborare col governo, definendo le intenzioni del proprio partito come “esigenti, ma costruttive”. La leader liberale ha però posto alcune condizioni, come la riforma e il rinnovo del “Consejo General del Poder Judicial” (organo costituzionale alla testa del potere giudiziario in Spagna). Gli analisti affermano che questa scelta di collaborare sia anche dovuta al tentativo di ridurre l’influenza di Podemos sul governo del Paese.

Negli ultimi giorni, la posizione di Unidas Podemos si è ammorbidita, portando le due forze di maggioranza ad un accordo. Unidas Podemos ha infatti rimosso il veto sull’apertura a Ciudadanos, a condizione che il testo della legge di bilancio sia prima discusso fra le forze di maggioranza, e solo in una fase successiva con il partito centrista. La trattativa coi liberali avverrà con i rappresentanti di entrambe le forze di maggioranza e il testo della legge sarà presentato alle negoziazioni come testo della coalizione, e non del PSOE.

Le trattative fra il PSOE, rappresentato dal ministro delle finanze María Jesús Montero, e Unidas Podemos, rappresentata dal segretario di stato per i diritti sociali Nacho Alvarez, è già iniziata. Il nodo da sciogliere rimane quello della tassazione, ma il PSOE sembra avere fiducia nel fatto che Podemos rivedrà le sue posizioni per far in modo che il bilancio venga approvato anche da Ciudadanos. Questa possibilità è però condizionata dal fatto che l’aumento delle tasse non sia completamente eliminato dall’agenda di governo, ma semplicemente rimandato a dopo la crisi.