Stato di diritto UE tra riflessi e prospettive

Pubblicato il 3 Ottobre 2020 alle 10:27 Autore: Roberto Fida

Bruxelles – La Commissione europea ha pubblicato, nella giornata di mercoledì 30 settembre, la prima relazione annuale sullo Stato di diritto all’interno dell’UE, documento che mette nero su bianco quelle che sono state le inclinazioni dei vari membri al rispetto del Rule of Law in 4 macro-aree di riferimento: sistemi giudiziari, meccanismi anti-corruzione, pluralismo e libertà dei media, bilanciamento dei poteri.
Obiettivo sotteso e dichiarato della relazione è quello di costruire un maggiore ‘sentiment’ europeo, un nuovo modo di affrontare e superare le sfide che verranno attraverso un dibattito più empatico ed inclusivo e promuovere un rafforzamento dei sistemi costituzionali. A tal proposito, la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha voluto sottolineare come “lo Stato di diritto difende i cittadini dalla legge del più forte” e che, nonostante gli standard elevati in materia, tanto c’è ancora da fare e da affrontare. La Commissione, promette, “continuerà a collaborare al fine di garantire i diritti e le libertà dei cittadini”.

Sistemi giudiziari

Un quadro generale che non può dirsi pienamente preoccupante in quanto si notano passi avanti in termini di riforme tese al rafforzamento dell’indipendenza della magistratura, se non fosse che le valutazioni sui singoli Stati membri (Ungheria e Polonia in primis) continuano a destare preoccupazioni, il che ha portato la Commissione ad avviare la procedura prevista ex art. 7 nonché le procedure di infrazione già in pendenza.
Nel testo vengono spesso in risalto i termini “concern” e “serious concerns”.

Meccanismi anti-corruzione

Il tema della lotta alla corruzione accoglie riscontri positivi per ciò che riguarda l’adozione di strategie organiche, anche se, si sottolinea nella relazione, “per garantirne l’efficienza è fondamentale che vi siano sistemi di attuazione e monitoraggio risolutivi”.
Un plauso dolceamaro per l’Italia, che vede indicata una nota di merito riguardo la legge anti-corruzione adottata a gennaio 2019 (cd. Spazzacorrotti) “che ha inasprito le sanzioni per i reati di corruzione e sospeso i termini di prescrizione dopo le sentenze di primo grado” ma che d’altrocanto, fa notare la Commissione, stona con l’eccessiva lunghezza dei procedimenti penali.
Ungheria anche qui richiamata a tornare sull’attenti per mancanza di “azioni efficaci” per avviare le indagini penali e perseguire casi di corruzione riconducibili ad autorità statali. Stesso tipo di ammonimento per Malta.

Pluralismo e libertà dei media

L’indipendenza e la competenza delle autorità dei media è stabilita dalla legge in tutti gli Stati membri”, fa notare il documento, tuttavia le perplessità non mancano e anzi, prendono corpo nell’avanzare del testo. Si parla di “rischio medio” per l’indipendenza dei media dalla politica, soprattutto in Paesi come Ungheria, Malta e Polonia.  L’Italia ha molte carenze, in particolare nel settore audiovisivo, ed è stata soggetta, nel corso degli ultimi due anni, a 12 allerte per attacchi fisici ai giornalisti.
Infine, con un forte riferimento al tema immigrazione, si fa notare come alcune ONG siano costantemente “soggette a campagne diffamatorie”, costrette a subire un’esposizione mediatica e narrativa ostile.

Bilanciamento dei poteri

In diversi Stati membri si stanno portando avanti riforme costituzionali volte a rafforzare i sistemi di bilanciamento dei poteri, fortemente messi alla prova durante questo periodo di COVID-19, “test reale per la resilienza dei sistemi nazionali”. L’obiettivo è quello di ottenere un maggiore coinvolgimento all’interno dell’architettura istituzionale e garantire dei processi di riforma che possano raggiungere bacini di utenza sempre più ampi.
La relazione mette in evidenza come il ricorso eccessivo ad una legislazione accelerata e di emergenza/urgenza può rappresentare un serio problema per la tenuta e la legittimità dello Stato di diritto.

Vigilia dai nervi tesi

Definito come un “meccanismo preventivo e aggiuntivo”, quello appena pubblicato è soltanto il primo di una serie annuale di relazioni che la Commissione metterà in campo al fine di “monitorare gli sviluppi e frenare eventuali degenerazioni”, monito che sicuramente non sfuggirà all’attenzione di Stati che, come accennato precedentemente, sono soliti giocare le proprie carte al limite della democraticità.
Il tema ha suscitato grande trasporto emotivo nei confronti della Commissaria europea ai Valori e alla Trasparenza Vera Jourova la quale, presentando in conferenza stampa il progetto a cui ha lavorato insieme al Commissario europeo alla Giustizia, Didier Reynders, ricorda di essere cresciuta in un regime autoritario di stampo comunista in Cecoslovacchia, affermando “so come ci si sente a vivere in un Paese senza lo stato di diritto”. Entrando nel merito della relazione, ha poi aggiunto: “ogni cittadino merita di avere accesso a giudici indipendenti, di beneficiare di media liberi e pluralisti e di poter contare sul fatto che i suoi diritti fondamentali saranno rispettati. Solo così possiamo definirci un’autentica Unione di democrazie”.
Jourova che, ad appena 24 ore dalla pubblicazione del report, si è resa protagonista di un duro scontro con il Primo Ministro ungherese Viktor Orbàn.

Con una lettera indirizzata alla Presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen, il premier ungherese Viktor Orbàn si è detto offeso e sconcertato dalle parole che la Vicepresidente e Commissaria europea per i valori e la trasparenza Vera Jourova ha dichiarato ai microfoni del settimanale tedesco Der Spiegel, chiedendone le dimissioni.

“A Orbàn piace dire che sta costruendo una democrazia illiberale, ma direi piuttosto che sta costruendo una democrazia malata” queste alcune delle parole che hanno scatenato la tensione del leader magiaro, la quale poi ha aggiunto: “ho il timore che un giorno gli ungheresi possano realizzare che le loro ultime elezioni siano state anche le loro ultime elezioni libere”.

Dichiarazioni al vetriolo cui il numero uno ungherese non ha fatto attendere risposta, giustificando la richiesta di dimissioni facendo leva su un atteggiamento a suo dire “incompatibile con il mandato ricoperto nonché lesivo della neutralità e del principio di leale cooperazione previsto nei Trattati” e per aver “insultato i cittadini ungheresi (…) accusati di non essere in grado di coltivare un pensiero autonomo ed indipendente.
Intanto, si legge nella lettera, il governo ungherese fa sapere a Bruxelles di non volere intrattenere alcun tipo di rapporto bilaterale con la vicepresidente, ritenuta membro della Commissione “politicamente di parte”.

Un asse dunque caldissimo quello tra Budapest e la Commissione UE, che si concreta all’interno di un ambiente, quello europeo, almeno apparentemente favorevole, come si evince dalle parole del Commissario per la Giustizia e i consumatori Didier Reynders: “la nuova relazione sullo Stato di diritto rappresenta l’inizio di un dialogo aperto e regolare con tutti gli Stati membri, un modo in cui possiamo condividere le buone pratiche e prevenire i problemi prima che si radichino. L’obiettivo è quello di promuovere una vera cultura dello Stato di diritto in tutta l’UE e di stimolare un autentico dibattito a livello nazionale e sovranazionale”.