Liz Cheney, da numero tre dei Repubblicani a ostacolo da rimuovere

Pubblicato il 16 Maggio 2021 alle 14:28 Autore: Andrea Noli

Liz Cheney non è più la numero tre del Partito Repubblicano alla Camera. A costarle la carica, il suo voto a favore dell’impeachment di Trump. In un partito che sta ancora cercando di capire quale sentiero percorrere dopo la presidenza Trump, la prima testa a cadere è quella della figlia dell’ex vicepresidente Dick Cheney. Vediamo i fatti.

Chi è Liz Cheney?

Per capire perché la sua rimozione da numero 3 del partito alla Camera è così importante, bisogna innanzitutto capire chi sia Liz Cheney.

Figlia maggiore di quello che è stato definito il più potente vicepresidente della storia degli Stati Uniti, ha una chiara identità conservatrice e un focus sulla sicurezza nazionale, la politica militare all’estero e posizioni tipicamente repubblicane sul fisco.

Durante la presidenza di George Bush ha occupato diversi ruoli al Dipartimento di Stato, fino a diventare vice-assistente del Segretario generale per gli affari con il Vicino Oriente.

Eletta alla Camera come rappresentate del Wyoming nel 2017, si è guadagnata la rielezione per ben due volte nel 2018 e nel 2020.

Il rapporto con Trump

Il rapporto tra Cheney e Trump non è stato sempre conflittuale, anzi. Un’analisi del sito FiveThirtyEight ha mostrato che i voti di Liz Cheney alla Camera, supportavano Trump nel 92,9% delle volte.

Ha avuto scontri con Alexandria Ocasio-Cortez sui centri di detenzioni degli immigrati illegali. La dem li ha definiti dei campi di concentramento e a cui Cheney ha risposto che quelle parole erano un’offesa verso le vittime dell’Olocausto.

Dopo la decisione di Trump di ritirare le truppe dalla regione del Kurdistan siriano e la conseguente invasione turca del territorio, Cheney si è schierato contro la Turchia. A suo dire, gli Stati Uniti stavano abbandonando un loro alleato (i Curdi), dopo che questo aveva combattuto sul campo l’ISIS e aveva contribuito a proteggere gli Stati Uniti.

Nonostante la decisione fosse arrivata dal Presidente, Cheney dichiarò che parte della colpa era del Partito Democratico e del suo tentativo di procedere con l’impeachment per Trump.

Nel 2019, secondo il New York Times, era in corso una faida tra Liz Cheney e Rand Paul su chi fosse più trumpiano.

In generale, Cheney viene considerata come una dei principali repubblicani artefici della costruzione del “partito di Trump”.

Il secondo impeachment a Trump

Dopo i fatti del 6 gennaio e l’insurrezione armata di Capitol Hill da parte di fanatici estremisti che volevano bloccare il processo di certificazione del risultato del voto presidenziale, Liz Cheney dichiara che avrebbe votato a favore dell’impeachment di Trump.

“Il presidente degli Stati Uniti ha convocato questa folla, ha riunito questa folla e ha acceso la fiamma di questo attacco. Tutto ciò che è seguito è stato per opera sua. Niente di tutto questo sarebbe successo senza il Presidente. Avrebbe potuto intervenire immediatamente e con forza per fermare la violenza. Non l’ha fatto. Non c’è mai stato un più grande tradimento da parte di un presidente degli Stati Uniti della sua carica e del suo giuramento alla Costituzione.”

Questa sua decisione ha attirato le ire di diversi repubblicani del Wyoming. Lei ha risposto sostenendo che il suo giuramento era verso la Costituzione degli Stati Uniti e quindi oltre le politiche di partito.

Da numero tre a “nemico” del partito

Nel suo primo discorso dopo l’insurrezione, Trump si è scagliato contro la presidenza Bush (e quindi anche contro il padre di Liz Cheney). L’ex presidente lo incolpa di aver lanciato le guerre in Afghanistan e in Iraq. Trump ha anche descritto Liz Cheney come una guerrafondaia a cui piace vedere i soldati americani combattere.

La sua posizione di presidentessa della conferenza del Partito Repubblicano, che la poneva come numero tre alla Camera (dopo il leader del partito Kevin McCarthy e il floor leader Steve Scalise), inizia a vacillare.

Le fazioni pro-Trump chiedono la sua rimozione e questa si concretizza il 14 maggio con l’elezione di Elise Stefanik come nuova presidentessa.

L'autore: Andrea Noli

Analista aziendale, scrivo articoli da oltre quattro anni oscillando tra Economia e politica.
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